“I protagonisti delle immagini della serie “Gente Comune”, sono tutti dipendenti di un ente pubblico. L’autore attinge dal luogo di lavoro per poi prenderne le distanze, anche se qualcosa rimanda sempre al punto di partenza”.
“Gente Comune, un cantiere aperto” di Marta Pettinau
– Curatrice, project manager per la cultura – giornalista –
A chi non è capitato di doversi recare nel proprio comune di residenza per richiedere un qualche certificato o una firma per una qualsivoglia autorizzazione? Sappiamo bene quanto possa essere frustrante perdersi nei tristi corridoi delle pubbliche amministrazioni a caccia dell’ufficio di cui abbiamo bisogno. La diffusa insofferenza per l’ingarbugliata burocrazia italiana e la scarsa chiarezza della segnaletica fanno generalmente del nostro temporaneo soggiorno in questi luoghi un’esperienza per lo meno noiosa. Immaginate ora che il permanere in questi spazi sia accompagnato, non dalle nature morte e dai grandi oli di soggetto storico che di solito pendono stancamente da queste pareti, ma da ritratti fotografici nei quali si riconoscano le facce degli impiegati comunali, di chi abita quotidianamente quei luoghi, immortalati fuori dall’orario d’ufficio, in vesti informali e un po’ scanzonate.
Gianni Polinas si augura che i ritratti fotografici della serie sognando contromano possano avere questa collocazione ultima. Non le pareti bianche e asettiche di una galleria o quelle private dell’abitazione di un collezionista locale, ma quelle “aperte” dello stabile comunale di Olbia, in uno spazio di transizione e d’incontro tra chi si occupa di amministrare la cosa pubblica e i cittadini.
Per la realizzazione di questa serie, Gianni Polinas si è fatto largo tra gli interstizi della routine lavorativa degli uffici del Comune di Olbia, e non è la prima volta che lavora suoi meccanismi dell’ente pubblico. Era già accaduto nel 2004, con l’opera l’impiegato del comune, e poi nel 2007, con il calendario GenteComune.
Stavolta, tra le quotidiane chiacchiere da caffè e l’avere a che fare con carte e burocrazia tutto il giorno, Gianni Polinas ha incoraggiato i colleghi a svestire davanti al suo obbiettivo, in qualche caso letteralmente, i panni di impiegati. Per raccontarsi, per reinventarsi, per giocare ad interpretare un altro sé; per ribellarsi e affrancare quell’unicità spesso mortificata da un posto di lavoro che lascia poco spazio ad estro e originalità.
Un po’ narcisi, un po’ ispirati, e con una buona dose di autoironia, i protagonisti di questi scatti si sono lasciati coreografare dall’occhio esperto di Gianni Polinas per raccontarci ognuno un’esistenza diversa: “Mi impegno perché ogni foto sia un progetto a sé. Questo per rispetto all’unicità di ogni individuo, quell’unicità spesso appiattita sul luogo di lavoro.” Racconta l’artista.Tra pose da rock star e da modelli di pubblicità patinate, citazioni da canzoni pop, ambientazioni sognanti, tutto è costruito affinché ogni scatto sia portatore della voce di chi è fotografato.
Sarebbe un errore però ridurre la critica del progetto alla sola valutazione delle fotografie, perché si finirebbe per ignorare che quello di Gianni Polinas, è stato prima di tutto un lavoro fatto di prima e di dopo. Di preparazione e di post-produzione. Ed è proprio nel processo creativo che in realtà è possibile scovare il reale significato di queste fotografie.
Nel 2012 si realizzano nuove immagini e si arriva ad un progetto editoriale a tiratura limitata. Di seguito, come appunto in un “cantiere aperto”, le fotografie si legano alla musica e alle parole in una serie di video-clip che rappresentano la parte attuale del progetto, in questa galleria presentato da una minima parte delle immagini realizzate in oltre dieci anni di lavoro.